La cineseria e la Palazzina cinese di Palermo

Viaggio intorno al tè ti porta a conoscere la “chinoiserie” e la Real Casina Cinese di Palermo

Questa volta ho pensato di parlarvi dello stile decorativo “chinoiserie” che si diffuse in Europa durante il XVII e il XVIII secolo.

La porcellana cinese

Conchiglia Cypraea porcea- Schwehofer Pixabay
conchiglia Cypraea porcea

Il primo a parlare della porcellana cinese e della suo caratteristico smalto bianco traslucido fu Marco Polo (1254-1324) la cui parola deriva, da porcella, ovvero dalla conchiglia Cypraea porcea, la cui caratteristica è proprio la bianchezza.

Questa porcellana viene definita dura ed è conosciuta con il nome di China o Fine China visto la sua origine. La sua caratteristica è la sua impermeabilità e trasparenza. E’ composta da un’argilla bianca, il caolino, una roccia che fondendo produce una matrice vitrea. La parola caolino prende il nome dai monti Gaoling che si trovano nella provincia Zhejiang vicino al più importante centro di produzione della ceramica, Jingdezhen.

Furono i veneziani, duecento anni dopo rispetto a Marco Polo, a importare per prima la porcellana cinese e in Italia venne inventata la maiolica, la prima porcellana a pasta tenera ovvero priva di caolino.

La Bone China, sempre a pasta morbida, è d’invenzione inglese. Nel XVIII secolo gli inglesi provarono ad imitare la porcellana dura e, non riuscendoci, aggiunsero delle ossa alla porcellana morbida per renderla resistente, bianca e trasparente. La produzione, avvenuta nella fabbrica londinese di Bow, si diffuse anche nella città di Stoke-on-Trent, nella contea di Staffordshire. La Bone China era un prodotto esclusivamente inglese e veniva prodotta dalle ditte: Worcester, Royal Crown Derby, Royal Doulton e altre. All’inizio del 20° secolo la produzione iniziò in Russia, in Giappone e in Cina divenendo il maggiore produttore mondiale.

La porcellana cinese rimase un mistero fino al XVII quando un gesuita francese, recatosi in Cina con la Compagnia francese delle Indie orientali, scrisse il primo resoconto dettagliato.

Marco Polo e il tè

Il è sempre stato bevuto in Cina e ci sono riferimenti storici in un’opera, di un poeta del Sichuan, risalente al periodo Han (206 a.C.- 8 d.C). Inizialmente la bevanda si era consolidata tra l’aristocrazia e delle classi dominanti e il tè veniva servito come bevanda di benvenuto e accompagnare i cibi. Lo troviamo abbinato anche alla sola frutta e l’élite la considerava come bevanda frugale adatta a dimostrare la semplicità dei costumi di chi la offriva. Questo fa pensare che prima la bevanda fosse diffusa tra le fasce inferiori della società. (fonte Livio Zanini).
Se penso che alcuni in Italia hanno orrore di questo mi viene da ridere. Scusate la franchezza.

Nel III sec d.C. il divenne una bevanda diffusa in tutta la Cina meridionale. Il tè veniva coltivato in primis dai monaci taoisti che lo bevevano durante le loro meditazioni per stare vegli (non svegli) e veniva offerto a coloro che transitavano nei loro monasteri. In seguito veniva coltivato dalla popolazione lungo le rive del fiume Yangzi, fiume Azzurro e letteralmente fiume lungo. In effetti è il terzo fiume più lungo al mondo e nasce sui monti del Tibet, attraversa queste provincie dove viene prodotto il tè, Yunnan, Sichuan, Hunan, Anhui per sfociare sul Mar Cinese Orientale.

mappa viaggio di Marco polo - Foto di Studio Rapido
mappa viaggio di Marco polo – Foto di Studio Rapido

Marco Polo nacque a Venezia nel 1254 e vi morì nel 1324. Come sappiamo fu viaggiatore, scrittore, ambasciatore e mercante italiano. Si recò con il padre e lo zio in Cina e i suoi viaggi in Oriente, effettuati tra il 1271 e il 1295, sono raccolti nell’opera letteraria Il Milione.

Nell’opera Marco Polo non menziona il tè ma essendo arrivato nella capitale Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, non lontano dal villaggio dove viene prodotto il tè verde Longjing, è sicuro che abbia bevuto questa bevanda. Il tè era già ampiamente diffuso in Cina da quattrocento anni e durante la dinastia Tang (618-906) era stato scritto da Lu Yu, il primo trattato sul tè, il Chajing. Inoltre, quando Marco Polo arriva in Cina siamo nel periodo Song (970-1279) il periodo di massimo splendore del tè dove veniva esaltato con l’Arte del tè, il Chayi, ovvero attraverso la musica, la poesia, il disegno. La bevanda era ampiamente in uso a corte e anche la popolazione cominciava a berlo ed esistevano le case da tè e i giardini imperiali del tè. Pur avendo descritto minuziosamente la città di Hangzhou non deve aver dato importanza a questa bevanda e alla sua oggettistica.
Quindi bisogna aspettare un altro veneziano, recatosi anche lui in Oriente, Giovanni Battista Ramusio, a menzionare il tè nel suo “Navigation et viaggi” del 1559 e lo chiamava “Chai Catai” ovvero il tè della Cina. Ramusio fu il primo europeo a farlo.
Il secondo fu nel 1588 Giovanni Maffei il quale si soffermò a parlare dell’uso di questa bevanda da parte dei giapponesi. Infine abbiamo il gesuita Matteo Ricci (articolo di Valter Vico) che giunse in Cina nel 1583 e racconta che la bevanda veniva bevuta durante tutta la giornata traendone giovamento. Ricci descrive come veniva bevuto durante quel periodo ovvero mettendo della frutta secca o conserva dolce dentro al tè e che questo viene bevuto, nelle piccole tazzine, varie volte. Matteo Ricci menziona anche la porcellana di Jiangxi, chiamata dai portoghesi “porsolana”.

I portoghesi giunsero per prima, via nave, in Cina nel 1516 e, alcuni mesi dopo, in Giappone. Riuscirono ad instaurare con entrambi rapporti commerciali e le navi tornarono in Occidente carichi di seta, spezie e tè che scambiarono con argento, stoffe e pelli. Nel 1609 una nave della Compagnia olandese delle Indie Orientali, VOC, approdò nel porto di Hirado in Giappone e riuscirono anche loro ad instaurare rapporti commerciali con i giapponesi fino a quando non furono interrotti nel 1639.

I portoghesi portarono il tè in patria ma non lo commercializzarono. Sicuramente lo beveva solo la corte, tanto è vero che Caterina di Braganza, andata in sposa al Re Carlo II, nel 1662, lo portò con sé.

Il primo carico di tè che giunse in Europa fu da parte degli olandesi nel 1610.

La Compagnia inglese delle Indie Occidentali compravano il tè dagli olandesi, dalla VOC, pagando alti dazi ed è per questo che all’inizio il tè veniva bevuto solo dall’aristocrazia mentre, in Olanda, il tè veniva bevuto dalle classi medie già alla fine del 1600.

Nel 1699 la Compagnia inglese delle Indie Occidentali assunse il monopolio del commercio con l’Oriente e il primo carico giunse a Londra l’anno stesso. A differenza degli olandesi, la la classe operaia inglese, per bere il tè, dovette aspettare il 1784 quando il Parlamento inglese emanò la “Commutation Act“ ovvero la tassa inglese sul tè scese dal 119 al 12,5 per cento.

La cineseria e lo stile “chinoiserie”

Il termine deriva dalla parola francese “chinois” che significa cinese e sta a indicare l’arte cinese realizzata da artigiani e artisti occidentali.
Gli europei non importavano dalla Cina solo il ma anche l’oggettistica cinese come i servizi di porcellana cinese, le pregiate teiere di terracotta Yixing (nome della città d’origine), i tavolini da tè a tre piedi. Il vasetto, in cui veniva conservato il , inizialmente era di porcellana decorata con gli stessi motivi e colori del servizio di tazzine, poi vennero importati in alabastro o avorio decorati da abili mani. In Europa, quindi, si apprese a bere il tè usando la tazzina da tè che era piccola e senza manici, ovvero la Gaiwan.

Il costo degli oggetti importati era chiaramente molto alto e porta gli europei, durante il XVII e il XVIII secolo, a creare imitazioni ma solo nel XIX secolo si iniziò a usare il termine cineserie.
Lo stile “chinoiserie” venne utilizzato per i prodotti di ceramica, pitture su paraventi e armadi, quadri, sculture, letti, tappeti, tessuti, giardino e architetture.

Casina o Palazzina cinese a Palermo

In Italia nascono diverse edifici che volevano rifarsi allo stile cinese. A Palermo, all’interno del parco della Favorita, abbiamo la Palazzina cinese o Casina che venne fatta costruire, nel 1799, dal re Ferdinando III di Borbone come sua residenza e il lavoro fu commissionato all’architetto Venanzio Marvuglia.

Palazzina cinese a Palermo - foto Turismo Palermo
Palazzina cinese a Palermo – foto Turismo Palermo

La struttura ha forma quadrata su tre livelli. Il corpo principale termina con un tetto a forma di pagoda. Al piano terreno si trovano la sala da ballo e la saletta delle udienza decorate da Velsquez. Ael primo piano si trovano il salone dei ricevimenti in stile cinese con pannelli in stoffa. Anche nella camera da letto del Re troviamo la volta dipinta in stile cinese.

Nel seminterrato si trovano la sala da ballo e la saletta delle udienze decorate tutte da Velasquez. Si sale al primo piano con una scala esterna, là si trovano il salone dei ricevimenti in stile cinese con pannelli in stoffa dipinti anche dal Riolo, la sala da pranzo con l’ingegnosa “tavola matematica” del Marvuglia e la camera da letto del Re con la volta dipinta in stile cinese.

Al secondo piano si trovava l’appartamento della Regina Maria Carolina con due salette di ricevimento e la camera da letto con lo spogliatoio. All’ultimo livello si trova una grande terrazza di forma ottagonale coperta a pagoda con soffitto decorato. 

Per saperne di più consiglio il sito di fondo ambiente.

Buon #ViaggioIntornoAlTè

Barbara
27 febbraio 2023

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* immagini reperite nel web con il solo scopo divulgativo

6 pensieri su “La cineseria e la Palazzina cinese di Palermo

  1. Interessante articolo. Mi meravigliano sempre i viaggi di secoli fa, solo con il passa parola, le carte, le informazioni di altre persone, o semplicemente la curiosità di sapere, di conoscere, con i mezzi di allora. Ingegnosa la tavola matematica. Grazie e buone giornatè!🤗👋👋

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