Futanashi kyūsu: proviamo la teiera 2.0!

Viaggio intorno al tè, nella figura di Omar, vi porta a scoprire la Futanaschi kyūsu

Vi ricordate quando vi parlai della futanashi kyūsu o, per i più pragmatici di voi, della “teiera senza coperchio”, ultima frontiera della ceramica giapponese? Ebbene, l’ho acquistata, provata, studiata per diverso tempo e, finalmente, sono qui per dirvi quali sono le mie opinioni in merito. Saranno riuscite le menti nipponiche ad assecondare l’ondata minimalista senza però togliere nulla all’esperienza gustativa ed alla praticità d’infusione? Quali sono i lati positivi e quali, se ve ne sono, quelli che ci faranno rimpiangere la vecchia teiera? Sarà la teiera che fa per voi? Scopriamolo insieme!

Pro della Futanashi kyūsu

Cominciamo subito dalle ragioni – secondo il sottoscritto – per cui dovreste acquistare una futanashi kyūsu. Prima di tutto, se siete amanti del design minimal, sicuramente saprà arricchire visivamente le vostre sessioni perché, se è vero che un buon tè si giudica dalla degustazione, lo stesso non si può dire dell’esperienza complessiva: il perfetto tea-time è fatto anche d’atmosfera, suoni ed apparenze pertanto, a mio parere, anche l’oggettistica dev’essere di nostro gradimento o, nel caso, apprezzabile dai nostri ospiti.

Altro punto a favore di questa tipologia di , per quanto possa sembrare straniante, è proprio la mancanza di un coperchio! A dirla tutta, tutto dipende da che prospettiva si considera la cosa: dovete infondere il tè comodamente seduti in casa vostra? Allora coperchio o meno si traduce soltanto in una questione estetica ma, se siete tra quelli che amano infondere il tè fuori porta, “outdoor”, allora questa peculiarità vi eviterà senz’altro il rischio di perdere o rompere un accessorio del vostro kit.
Da considerare, inoltre, che l’assenza della parte superiore, riducendo la teiera stessa ad un singolo pezzo, facilita e velocizza di molto le operazioni di pulizia.

Una prerogativa della futanashi kyūsu è poi quella di generare un complesso aromatico unico dato dall’unione dell’infuso (le foglie umide) con quello del liquore. Nel corso dell’infusione, infatti, l’area circostante si riempirà di un bouquet frutto delle foglie e dell’acqua che le avvolge, generando dunque una fragranza altrimenti non esperibile tramite una tradizionale infusione con coperchio. In ultimo, tale caratteristica rende quest’utensile un’ottima scelta qualora vogliate condividere il più possibile la stessa esperienza con altre persone, specie nei tempi che corrono in cui, com’è noto a tutti, non ci sarebbe possibile fare annusare l’infuso a più persone per ragioni di sicurezza.

Ultimo fiore all’occhiello, ma non per importanza, è l’estrema rapidità con cui le foglie si raffreddano dopo l’infusione. Per i tè verdi, di fatto, una rapida cessione del calore dopo la versata è da considerarsi ottimale in quanto, rimanendo a contatto con una superficie troppo calda, le foglie continueranno comunque a rilasciare le loro sostanze, specie catechine ed antiossidanti, rendendo le successive re-infusioni sgradevolmente amare ed astringenti.

Contro della Futanashi kyūsu

La prima cosa che vi avrà fatto sorgere non pochi dubbi, specie vedendo le foto della mia futanashi kyūsu, sarà sicuramente stata l’assenza di un manico. Non preoccupatevi: esiste anche la versione dotata di impugnatura dunque, se siete particolarmente sensibili al calore, potete optare per quella. Diversamente, è sufficiente lasciare un piccolo spazio tra il bordo e la superficie dell’acqua poi, al momento di filtrare, afferrare la teiera proprio lungo gli orli, proprio come si farebbe con una gaiwan.

Vero tasto dolente, invece, è l’impossibilità di analizzare dovutamente l’odorato dell’infuso, operazione che tendenzialmente si completa odorando i composti aromatici che si sono condensati sul coperchio della kyūsu. Inoltre, forse a causa dell’alta dispersione delle fragranze più volatili, ho notato, comparando infusioni similari effettuati con strumentazione tradizionale, che la potenza organolettica del liquore risulta leggermente inferiore se questo è ottenuto da una futanashi kyūsu.

La capacità filtrante, per quanto il filtro stesso possa essere a maglie fini, può comunque risultare un problema nel caso di tè particolarmente frammentati quali, per esempio, fukamushicha. Per ragioni strutturali, infatti, una teiera della tipologia in questione non potrà avere l’imboccatura ampia e larga suggerita per le foglie con maggiore numero di corpuscoli, pena la fuoriuscita di liquido nel corso della versata. Ad ogni modo, con un po’ più d’attenzione ed accontentandosi di un liquore più torbido ed impuro, non risulta impossibile la preparazione dei tè citati.

Ultima nota dolente, cui possiamo nuovamente ovviare con un semplice accorgimento, è invece la velocità di versata. A causa della forma leggermente affusolata verso l’imboccatura, studiata proprio per convogliare meglio il liquore evitando fuoriuscite durante il travaso, le foglie tenderanno a scivolare verso il filtro rallentando il passaggio dell’acqua stessa. Per evitare spiacevoli inconvenienti, tuttavia, è sufficiente versare il liquore con un unico, lento movimento, avendo cura di stillare le ultime gocce residue e tenendo presente che la durata dell’operazione sarà di qualche secondo maggiore rispetto alle nostre abitudini, ragione per cui io scelgo spesso di cominciare a filtrare il tè un po’ prima dello scadere del tempo prefissato.

Omar
#untèalsollevante
04/09/2021

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