Lu Yu, il “padre del tè”, autore del famoso Cha Jing 茶經 o, come lo chiameremmo in Italia, il “Canone del tè”: una figura umana, per così dire, quasi “divinizzata” dai cinesi nonché dagli estimatori della bevanda ambrata (ricordate? Barbara ve ne aveva già parlato qui). Oggi, però, voglio svelarvi una cosa: se, come me, avete una particolare inclinazione per i tè giapponesi e, fino ad ora, eravate convinti che non vi fosse una figura mitologica ad impreziosire la vostra passione ebbene… vi sbagliavate! Eh sì, anche il Giappone, a quanto pare, ha riservato al tè un posto di nicchia all’interno delle proprie credenze religiose e, che ci crediate o meno, esiste una divinità preposta proprio alla sua protezione! Cosa ne dite, vi andrebbe di conoscerla insieme? Se siete curiosi, dunque, non vi resta che riempire le vostre tazze, mettervi comodi e… continuare a leggere!
Inari

Inari 稲荷 (o Oinari お稲荷) è una divinità originaria dello shintoismo (religione politeista ed animista tipica nata in Giappone agli albori della civiltà in questione), poi acquisita dal buddhismo giapponese, posta a protezione della fertilità, dell’agricoltura e della prosperità. Dalle sembianze talvolta femminee, altre volte mascoline o addirittura androgine, il dio è spesso pregato al fine di garantire buoni ed abbondanti raccolti nei campi e, per tale ragione, esso viene considerato anche come guardiano di alcuni prodotti agricoli particolarmente diffusi nel Sol Levante tra i quali il riso e, ovviamente, il tè!
Inari, i templi e le volpi
Ora, dopo avervi svelato il nome della “divinità giapponese del tè”, non posso esimermi dal raccontarvi come sia possibile comunicare con quest’ultima, casomai anche voi, nel vostro piccolo, vogliate rivolgerle le vostre preghiere nella speranza di potere degustare una buona tazza di tè nel nuovo anno! In realtà, in Giappone esistono numerosi templi dedicati ad Inari e, solitamente, questi viene adorato dai fedeli in tali luoghi ma non preoccupatevi, potete sempre esprimere il vostro desiderio e sperare di ottenere una risposta perché, è bene che lo sappiate, la divinità può contare su dei veri e propri messaggeri: le volpi! Bianche, candide ed aggraziate (quanto astute) volpi sono infatti gli araldi dello stesso Inari e vengono denominate kitsune 狐.

È credenza popolare che le volpi, con l’avanzare degli anni, acquisiscano a mano a mano poteri sovrannaturali ed assumano la capacità di mutare il loro aspetto fino ad assumere sembianze umane. Talvolta rappresentate come figure ingannevoli e talvolta come aiutanti benefiche, le kitsune possono possedere più code a seconda della loro età e saggezza fino ad un massimo di nove. Altri tratti distintivi degli animali in questione sono le abilità di possessione ed il dono della parola, attestato da alcuni racconti antichi.
Dopo una breve ma doverosa disquisizione sui portavoce di Inari torniamo adesso a parlare del dio. Come ha potuto una figura mitologica così antica radicarsi nelle credenze comuni e sopravvivere fino ad oggi all’interno di un culto tutt’altro che in disuso? La risposta è semplice: mutando ed adattandosi a seconda dei differenti contesti storici! Come? Vediamolo assieme!
Apparso attorno al IX sec. d.C., Inari pare debba il proprio nome all’espressione inae-nari いなえ なり(“coltivare riso”) e perciò, almeno inizialmente, il suo ruolo era con ogni probabilità esclusivamente quello di protettore del raccolto. A partire dall’827 d.C., anno nel quale la corte del Giappone concesse alla divinità il primo rango ufficiale, la sua popolarità aumentò sempre più raggiungendo l’apice del proprio splendore quando, nel 1072 d.C. il suo tempio più popolare, detto Fushimi Inari Taisha 伏見稲荷大社, divenne meta di un pellegrinaggio imperiale. In seguito, con l’avvento del periodo Edo (1603-1868 d.C.) e la conseguente ascesa del potere dei daimyō (signori feudali), Oinari continuò ad essere venerato come protettore dei guerrieri, dei pescatori e dei desideri (poiché spesso i suoi templi si trovavano nei dintorni dei quartieri di piacere), tutti elementi strettamente connessi alla vita agiata delle classi dirigenti dei mercanti e dei daimyō stessi le quali, d’altro canto, detenevano il quasi assoluto controllo sull’attività agricola a causa del fenomeno del feudalesimo. Infine, avendo la moneta soppiantato il riso quale valuta di scambio, Inari divenne anche simbolo di prosperità industriale, finanziaria e commerciale.
Fushimiri Inari
Non posso ora esimermi, dopo averlo nominato, di descrivervi brevemente anche il tempio più famoso dedicato al “dio delle volpi”, ossia il Fushimi Inari così, nel caso vi capitasse di visitare il Sol Levante e desideraste rivolgere direttamente le vostre preghiere al dio o semplicemente ammirare uno dei monumenti più celebri dell’isola, saprete cosa vi aspetta!

Prima di tutto è bene chiarire come il Fushimi Inari non sia un singolo edificio quanto, piuttosto, un insieme di vari percorsi e strutture, le prime tra queste costruite nel 711 d.C. a sud della città di Kyoto lungo le pendici di un monte denominato proprio Inari: inoltre, nel 1468 d.C. il tempio venne interamente dato alle fiamme e, pertanto, ciò che oggi possiamo visitare si tratta in verità di una ricostruzione terminata nel 1499 d.C. Sicuramente celebre per i suoi sentieri costellati di torii 鳥居 (arcate tipiche del culto shintoista) scarlatti, il Fushimi Inari presenta anche, come ogni altro tempio dedicato al dio, numerose statue di kitsune, spesso decorate con bavagli rossi che richiamano la tinta dei torii stessi, che vi accompagneranno durante il vostro pellegrinaggio.

Non voglio trattare ora di ogni singolo elemento che costituisce il complesso architettonico in questione ma, d’altro canto, potevo dimenticarmi del tè? Certo che no! Nella zona a Sud del Fushimi Inari, di fatto, potrete trovare uno chashitsu 茶室 o ocha-ya お茶屋 considerato monumento storico e, di conseguenza, precluso all’accesso del pubblico, il quale ci ricorda la stretta connessione che lega Inari stesso al tè.


Abbiamo detto che il Fushimi Inari è costituito in realtà da un insieme di percorsi. Dopo il trionfale e celebre viale d’ingresso costellato di torii, infatti, avrete la possibilità di addentrarvi in suggestive atmosfere naturali percorrendo le diverse strade che compongono il santuario. Potete stare tranquilli, non si tratta di un’impresa da maratoneti: l’intera visita dura pressappoco due ore e, inoltre, non essendovi un ordine di percorrenza prestabilito, sarete liberi di tornare al punto di partenza quando più lo desiderate.

Come avrete intuito, per ammirare le meraviglie del Fushimi Inari sarà necessario camminare e, si sa, dopo un po’ di sano movimento viene sempre voglia di mettere qualcosa sotto i denti! A risolvere il problema penseranno i numerosi negozi di souvenir e locali disposti a fornirvi ottimi cibi e bevande. Particolarmente apprezzato è l’aburage 油揚げ, sottili fette di tofu 豆腐 (prodotto derivato dalla cagliatura del latte di soia) fritte due volte che, tradizionalmente, vengono considerate una pietanza legata alle kitsune: durante la frittura gli angoli dei singoli pezzi tendono ad assumere una forma a punta che ricorda, appunto, le orecchie delle volpi! Durante la vostra visita al tempio avrete dunque la possibilità di assaggiare anche piatti che includano l’ingrediente previo citato quali l’inarizushi 稲荷寿司 (polpette di riso avvolte da tofu fritto) od il kitsune-udon 狐饂飩 (ossia “udon delle volpi”), un piatto a base di udon 饂飩, spessi spaghetti di grano giapponesi, immersi in un brodo con all’interno pezzi di aburage ed, eventualmente, altri ingredienti di varia natura.
Anche questa volta siamo arrivati al termine della nostra breve avventura nel Sol Levante alla scoperta del Camellia Sinensis e delle usanze ad essa legate. Sempre con la speranza di avervi fornito alcuni spunti di riflessione o, quantomeno, ampliato le vostre conoscenze e riconfermato le vostre certezze, vi do appuntamento al prossimo articolo e, nel frattempo, mi gusterò qualche sorso di tè in compagnia della mia personalissima “volpe”!

Omar
19 aprile 2019
#UnTèAlSolLevante #Tèmozioniamoci
L’ha ribloggato su Vagamentè.
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