Viaggio intorno al tè vi porta a scoprire, attraverso la rubrica “Un tè al Sol Levante” curata da Omar, dove sono le piantagioni di tè in Giappone
Abbiamo già parlato delle varie tipologie di tè giapponese (per ulteriori informazioni cliccate qui) ma questo non basta per sapersi orientare nell’articolata nomenclatura ufficiale relativa ad essi. Un altro dato che compare di frequente all’interno di quest’ultima è inerente al luogo di produzione: è sempre necessario conoscere l’area di provenienza del prodotto ma, diversamente per quanto accade nel resto del mondo, in Giappone tale informazione non viene fornita separatamente bensì inclusa nel nome stesso.
Benché, come asserito, le intenzioni dei commercianti giapponesi siano volte alla massima trasparenza e chiarezza, spesso il consumatore straniero finisce con il ritrovarsi spaesato di fronte alle nozioni che gli vengono fornite e questo accade non solo a causa della difficoltà riscontrate nel ricavarle dal nome stesso ma anche in virtù del fatto che la geografia del Sol Levante non sia poi proprio così semplice ed evidente agli occhi dei più.

Senza la pretesa di stilare un elenco esaustivo e politicamente dettagliato dell’amministrazione territoriale giapponese, pertanto, tenterò ora di delineare grossomodo la suddivisione politica del Giappone, evidenziando poi le principali regioni produttrici di tè per congedarmi, infine, con alcune curiosità circa produzioni locali circoscritte e tradizionali. Detto questo, munitevi di bussola, carta, penna e una buona dose di pazienza: si parte!
Le regioni e le prefetture del Giappone
Come probabilmente saprete, il Giappone è uno Stato composto da numerose isole ma, tra queste, se ne distinguono quattro per la loro rilevante estensione: i loro nomi sono, elencandoli da Nord a Sud, Hokkaidō, Honshū, Shikoku e Kyūshū. Per rendere un’idea della loro conformazione e dislocazione ritengo utile un approccio visivo…
Le aree previo elencate sono poi ripartite in otto regioni, alcune delle quali mantengono il nome della stessa isola principale.

Fino ad ora, tutto sembrerebbe molto semplice… “funziona esattamente come in Italia” vi starete ripetendo… certamente sarebbe tutto molto più semplice e immediato se non fosse che, per i giapponesi, le regioni non hanno valore amministrativo ma soltanto formale. In parole povere, quanto affermato significa che, diversamente per quanto accade nel nostro Paese, le regioni del Sol Levante non hanno valenza a livello politico ed è così (giusto per renderci la vita più facile) che nasce la necessità di creare le prefetture.

Ora, potremmo anche interpretare le 47 prefetture del Giappone come le nostre province ma, come già detto, la differenza consiste nel fatto che quest’ultime non hanno valore amministrativo come nel caso delle prime: ciascuna prefettura, infatti, ha non solo un capoluogo ma anche la propria bandiera.
La nascita del sistema di divisione territoriale attuale risale al periodo Meiji (1868-1912 d.C.): se vi sembra estremamente complicato avrete di che consolarvi se pensate che, prima della rivoluzione avvenuta nel XIX sec d.C., esistevano più di 300 feudi…
Se volessi continuare nella descrizione della geografia del Sol Levante dovrei proseguire distinguendo i vari tipi di prefetture ma non è questo (per vostra fortuna) il caso.

Nomenclatura dei tè
Tornando alla nomenclatura dei tè giapponesi, di fatto, i nomi che talvolta accompagneranno la dicitura inerente alla tipologia di prodotto vogliono indicare proprio le prefetture come luogo di provenienza: per fare un esempio, qualora trovaste la dicitura Sencha Kagoshima, saprete di avere tra le mani un Sencha proveniente, per l’appunto, da Kagoshima. Di seguito, in quanto risulterebbe complicato memorizzare tutte le prefetture e la loro rispettiva locazione, vi lascio una cartina rappresentante l’attuale sistema di ripartizione territoriale.
Fino ad ora potrebbe sembrare più complicato di quanto non sia in realtà: di certo, in pochi avranno la costanza di studiare a fondo la geografia del Sol Levante giungendo così alla consapevolezza immediata di dove si trovi l’area indicata quale prefettura d’origine di un dato tè, ma esiste un “trucco” (se così vogliamo chiamarlo). Più che di uno stratagemma vero e proprio, si tratta di un dato di fatto: in Giappone le prefetture che producono grandi quantità di tè sono limitate e, pertanto, queste saranno più frequenti di altre all’interno della nomenclatura. Se riuscirete a memorizzare le aree in questione avrete una buona possibilità di incontrarle nelle varie diciture: non ci resta che elencarle allora!
Al primo posto si trova il dipartimento di Shizuoka che rappresenta circa il 40% della produzione nazionale seguito da Kagoshima, famosa per la varietà dei Cultivar coltivati e che copre il 20% del mercato totale. Altre prefetture frequenti non tanto per l’ampiezza della fabbricazione quanto per la creazione di particolari tipologie di tè sono Kyoto e Fukuoka, dalle quali proviene la maggioranza dei Gyokuro, e Mie, specializzata in Kabusecha.
L’area nella quale il tè che consumiamo è stato coltivato, detta terroir, è un dato di fondamentale importanza. Prima di tutto, la locazione della piantagione è determina l’entrata in gioco di diversi fattori che andranno a determinare le qualità organolettiche del prodotto finito: l’altitudine, la vicinanza o meno dal mare, il clima, l’esposizione più o meno frequente alla luce del sole, la qualità del terreno e quant’altro sono tutti elementi in grado di influenzare la crescita e lo sviluppo della pianta.
Ancora, il terroir non è soltanto responsabile delle condizioni fisiche cui il tè viene sottoposto ma, allo stesso tempo, in alcuni casi, è portatore di tradizioni culturali locali peculiari: il Giappone, da questo punto di vista, non fa affatto eccezione. Alcune miscele di tè o particolari tecniche di produzione uniche nel loro genere risultano legate a villaggi o aree geografiche circoscritte: spesso il risultato è un tè frutto di usanze antiche e difficilmente reperibile all’infuori di località circoscritte. Per soddisfare la vostra curiosità, dunque, vediamone alcuni insieme!
Batabatacha バタバタ茶
Il Batabatacha è una produzione più che rara in Giappone: si tratta, infatti, di un tè fermentato (che definiremmo dunque nero, secondo la tradizione cinese, o scuro secondo la nomenclatura occidentale) prodotto esclusivamente nella prefettura di Toyama. Nell’area in questione il consumo della bevanda affonda le proprie radici in tempi così antichi da non consentirci di stabilirne con certezza lo sviluppo storico: d’altro canto, il processo di produzione risulta invece evidente e particolare.
Le foglie di Camellia Sinensis, raccolte tra luglio ed agosto, vengono dapprima bollite e poi lasciate sgocciolare al sole approssimativamente per mezza giornata. In seguito, dopo la pressatura di quest’ultime all’interno di scatole di legno, comincia il processo di fermentazione: ogni quattro giorni le foglie vengono rimestate e poi, nuovamente, compresse. Dopo circa un mese, finalmente, il tè viene essiccato al sole e reso pronto per il consumo.
La preparazione di una tazza di Batabatacha, poi, è affascinante: da un lato sembra volere rievocare il ben più famoso Matcha mentre, dall’altro, si attesta quale lontano ricordo degli albori del tè in Cina, quando ancora l’acqua utilizzata veniva portata a bollore e al liquore erano aggiunte erbe, spezie o altro.
L’infusione del tè avviene utilizzando una quantità di foglie (circa 7 grammi per litro) e portando, come già accennato, l’acqua a una temperatura di 100°: altrettanto generoso è il tempo, che può protrarsi fino a raggiungere la decina di minuti, concesso alla materia prima per rilasciare i suoi aromi. Ottenuto il liquore, esso viene ripartito in piccole tazze simili a quelle utilizzate nel cha no yu: qui viene aggiunto un pizzico di sale e, con l’utilizzo di una sorta di chasen (frustino per il tè Matcha) detto batabatachasen, viene mescolato rapidamente fino alla formazione di una sottile schiuma superficiale.


Kancha 寒茶
Tipico delle prefetture di Aichi e Tokushima, il Kancha è un tè di produzione locale e, spesso, casalinga, difficilmente reperibile anche all’interno dell’isola stessa. Un po’ come accade in Italia con le castagne in autunno, gli abitanti delle aree citate sono soliti, durante l’inverno, raccogliere le foglie d tè proveniente da piante selvatiche: il ricavato verrà poi lavorato artigianalmente secondo lo stesso procedimento previsto per la realizzazione del Bancha con l’unica differenza che, spesso, il processo di manipolazione viene omesso.

Poiché prodotto a partire da foglie raccolte nella stagione fredda, il Kanacha è caratterizzato da un sapore piuttosto dolce e dalla scarsa presenza di caffeina e catechine (responsabili dell’astringenza). Meravigliosa testimonianza dei tempi antichi ad oggi, purtroppo, la produzione di questo tè continua a ridursi di anno in anno minacciando di scomparire… prima che questo accada, speriamo di poterne
bere qualche sorso!
Kyobancha 京番茶
Kyobancha deriva dall’unione delle parole Kyoto e Bancha: come mostra l’evidenza, quindi, si tratta di un Bancha prodotto soltanto nella prefettura di Kyoto. Se ci si limita al mero processo di lavorazione, questo tè si potrebbe equiparare e facilmente confondere con un Hōjicha: le foglie vengono di fatto processate come avviene per la produzione di quest’ultimo tuttavia esistono alcune differenze.

In primis, le foglie stesse del Kyobancha, diversamente per quanto avviene per la sua controparte tostata più famosa, non vengono manipolate e si presentano dunque nella loro interezza, come appena colte. Altro fattore rilevante che conferisce al tè in questione caratteristiche uniche consiste nella stagionalità del raccolto che ha luogo tardivamente: il liquore ottenuto presenterà pertanto un leggero aroma di affumicato accompagnato da note leggermente amare e astringenti.
Si conclude ora questa seconda parte riguardante l’affascinante quanto articolata nomenclatura dei tè giapponesi. Il tè è sempre un viaggio a doppio senso di marcia: da un lato, conoscerne la provenienza e le tradizioni rende ogni tazza unica e speciale, dall’altro sorbire la bevanda ci permette di assaporare il frutto del cammino che ogni singola foglia ha dovuto affrontare per giungere tra le nostre mani. Se condiamo il tutto con un buon libro poi, sia esso di fantasia, d’amore o d’avventura, permetteremo anche alla nostra immaginazione di salpare e prendere il largo e chissà un giorno, magari, potremo persino toccare di persona le coste del Giappone e toccare con mano la forza della tradizione!
Omar
15 novembre 2018
#viaggiointornoaltè #untèalSolLevante
Con (tè) non si finisce più d’imparare!
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